Nel mondo greco, il ruolo della donna variava di πόλις in πόλις. Presso gli ateniesi era totalmente interdetta dalla vita pubblica: politica e sociale.
Era costretta all’interno della casa, più precisamente nel gineceo: la parte più remota, cossichè gli ospiti del marito non vi avessero accesso. Da qui adempivano alle loro mansioni, ossia la gestione della casa e della famiglia. Infatti l'unica educazione che ricevevano era inerente alle faccende domestiche e alla cura di sè stesse in quanto oggetto di desiderio e trofeo del marito.
Le donne spartane avevano invece più libertà. In primo luogo, non erano recluse, sebbene non avessero in ogni caso accesso alla vita politica.
Si impartiva loro un'educazione ginnica, si teneva alla salute fisica della donna poiché aveva il compito di generare guerrieri perfetti, dunque non era riconosciuta in quanto individuo ma come incubatrice. A questo proposito, Alcmane, il più antico rappresentante del genere della lirica corale - componimenti destinati ad essere letti in occasione di rituali sacri femminili- ci offre testimonianze della storia arcaica di Sparta grazie ai Parteni: canti affidati all’esecuzione di un canto di fanciulle che, cantando e danzando, celebravano la loro bellezza anche mediante rapporti saffici. Ciononostante non erano uguali nei ruoli, nel complesso della vita pubblica.
Riguardo i rapimenti Erodoto, afferendo sempre al concetto di relativismo culturale, riporta che se in Occidente per l'onta del rapimento di Elena fu scatenato un enorme conflitto, in Oriente il fatto era considerato di poco conto, dal momento che nella loro ottica ciò non avveniva contro la loro volontà, ma le donne rapite erano consenzienti.